LE CREPE NEI MURI IN DIVERSI TIPI DI TERRENO

Per capire in che modo si formano le crepe nei muri per effetto del cedimento delle fondazioni è doveroso fare un cenno preliminare sul comportamento dei terreni omogenei, con lo scopo di fornire un quadro generale dal quale risultino i motivi delle differenze tra il comportamento dei terreni e quello di altri materiali oggetto della Meccanica dei Solidi e della Meccanica dei Fluidi. Capire infatti il comportamento del terreno in determinate condizioni ci permette di identificare in maniera precisa e scrupolosa la causa o le cause che determinano la formazione delle crepe nei muri. In questo modo risulta facilitata la predisposizione di indagini di verifica e gli interventi di consolidamento delle fondazioni mediante resine espandenti.

LA STRUTTURA PARTICELLARE DEI TERRENI DI FONDAZIONE

Se si osserva ad occhio nudo una manciata di sabbia si nota che essa è formata da particelle distinte o grani (come accade per tutti i terreni) sebbene molte particelle costituenti i terreni in generale, compresi i terreni di fondazione, siano tanto piccole che possono essere individuate soltanto con tecniche microscopiche molto sofisticate. Le differenti particelle che formano il terreno non sono fortemente legate tra loro come i cristalli di un metallo. Le particelle di terreno sono perciò relativamente libere di muoversi l’una rispetto all’altra. In un terreno, tuttavia, i grani sono solidi e non possono muoversi l’uno rispetto all’altro così facilmente come accade nei fluidi. Ne segue che i terreni sono fondamentalmente sistemi particellari (il termine “particellare”significa “di o attinente a un sistema di particelle).

NATURA DELLE DEFORMAZIONI DEI TERRENI DI FONDAZIONE

In Fig. 1 è rappresentata una sezione di una porzione di terreno asciutto sul quale può essere applicato un carico verticale mediante un pistone. Anche il peso dell’edificio risulta essere un carico che grava sul terreno di fondazione trasmettendo ad esso un carico tensionale pari al proprio peso. Se si considera un ingrandimento di una parte della sezione che consenta di osservare le singole particelle, si può evidenziare come la forza applicata si trasmette nel terreno. Nei punti di contatto tra i grani insorgono forze di contatto. Per comodità le forze di contatto sono state scomposte nella componente normale, N, tangenziale, T, alle superfici di contatto.

Fig.1: Rappresentazione schematica delle modalità di trasmissione degli sforzi nei terreni.

Le singole particelle, naturalmente, si deformano per effetto di queste forze di contatto. Nell’immediato intorno dei punti di contatto si verificano in genere deformazioni elastiche o plastiche. Si può inoltre verificare lo schiacciamento delle particelle che può essere rilevante in alcune situazioni. Le deformazioni provocano l’ampliamento dell’area di contatto delle particelle, Fig. 2a, e consentono quindi l’avvicinamento dei centri delle particelle.

Fig.2 Rappresentazione schematica delle modalità di trasmissione degli sforzi nei terreni.

Le particelle lamellari presenti nel terreno si inflettono, Fig. 2b, consentendo in tal modo spostamenti relativi delle particelle adiacenti. Inoltre, quando la sollecitazione tangenziale in corrispondenza del contatto diventa più grande della resistenza a taglio disponibile nel contatto medesimo, avrà luogo lo scorrimento relativo delle particelle, Fig. 2c. La deformazione totale di una massa di terreno risulterà in parte dalla deformazione delle singole particelle, e in parte dagli spostamenti relativi delle particelle stesse. I dati sperimentali indicano, in ogni caso, che la componente più importante della deformazione totale di un terreno deriva dallo scorrimento relativo delle particelle e dalle modifiche dell’assetto di queste ultime che ne deriva. Anche i singoli grani sono rigidi, lo scheletro solido del terreno è in genere piuttosto deformabile, a causa dello scorrimento e delle modifiche dell’assetto delle particelle.

Risulta quindi evidente la prima implicazione della natura particellare dei terreni di fondazione: le deformazioni di una massa di terreno derivano essenzialmente dalle interazioni delle particelle, e in particolar modo dai loro mutui scorrimenti. Poichè lo scorrimento produce deformazioni non lineari e irreversibili, è da attendersi che il legame tensioni – deformazioni dei terreni sia parimenti irreversibile e fortemente non lineare (questa locuzione indica che la curva tensione – deformazione non è rettilinea, né unica quando il terreno è sottoposto a cicli di carico e scarico); lo studio dei fenomeni che hanno luogo nei punti di contatto è inoltre fondamentale per i terreni. Allo scopo è indispensabile l’utilizzazione dei concetti di attrito e adesione tra particelle. Naturalmente il numero di contatti di una massa di terreno è enormemente grande; ad esempio in appena 1 centimetro cubo di sabbia fina esistono circa 5 milioni di contatti. Ne segue che risulta impossibile la derivazione delle relazioni tra tensioni e deformazioni dei terreni sulla base del comportamento dei contatti tra le particelle, anche nell’ipotesi di poter descrivere esattamente quanto accade in corrispondenza di ciascuno di essi. E’ necessario piuttosto ricorrere alla determinazione sperimentale diretta delle proprietà di un sistema che comprende un grande numero di particelle. Cionondimeno, lo studio del comportamento in corrispondenza dei punti di contatto rappresentativi ha un ruolo importante in quanto indirizza e guida nella compressione e nell’interpretazione dei risultati delle misure sperimentali, come accade nel caso dei metalli. In quest’ultimo caso la conoscenza del comportamento del singolo cristallo e delle interazione fra cristalli indirizza nella compressione del comportamento macroscopico dei metalli e nella ricerca di metodi di miglioramento delle loro proprietà. La porzione di terreno di Fig. 1 è a parete rigide; il volume del terreno in genere si ridurrà all’aumentare del carico. La riduzione di volume deriva dal fatto che la posizione rilevata delle particelle si modifica e le particelle si avvicinano sempre più. In corrispondenza di numerosi punti di contato si verifica lo scorrimento relativo delle particelle, ma nel caso considerato non si verificano fenomeni di rottura per taglio della massa di terreno. Il carico verticale può quindi essere aumentato senza limiti. Il processo descritto si definisce compressione edometrica. Se si rimuove il carico applicato, il volume della massa di terreno aumenterà a seguito di processi di deformazione in genere di segno opposto alle precedenti che comportano ancora una volta la modifica dell’assetto delle particelle. Questo processo si definisce dilatazione, oppure limitatamente ad alcuni contesti rigonfiamento.
Se, al contrario, il contenitore ha pareti deformabili, si può verificare la rottura per taglio dell’elemento di terreno. La resistenza a taglio è dovuta alla resistenza allo scivolamento relativo delle particelle che cercano di spostarsi lateralmente muovendosi l’una su l’altra.

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EFFETTI DELLA PRESENZA DEI PORI: INTERAZIONE CHIMICA

Gli interstizi tra le particelle si denominano pori. I pori sono frequentemente riempiti di aria e/o di acqua (con o senza sostanze in soluzione).
Ne segue che il terreno è intrinsecamente un sistema multifase formato da una fase solida, denominata scheletro solido, e da una fase fluida denominata fluido interstiziale. Lo studio e l’identificazione dei pori presenti nel terreno risultano estremamente importanti in quanto dalla loro compattazione per schiacciamento legato al peso dell’edificio soprastante porta al cedimento del fabbricato con conseguente formazione di crepe nei muri, cedimenti differenziali, inclinazioni della pavimentazione e rottura della fondazione.

La natura del fluido interstiziale influisce sull’intensità della resistenza a taglio tra le due particelle, poiché veicola sulla superficie di contatto sostanze chimiche. Nel caso di particelle molto minuscole, il fluido interstiziale può separare in modo completo le particelle. Malgrado le particelle non siano più in contatto, nel senso consueto del termine, esse rimangono ancora molto vicine e possono trasmettere forze normali e anche forze tangenziali. La distanza tra le particelle diminuirà o aumenterà all’aumentare o al diminuire, rispettivamente, degli sforzi di compressione applicati. Si introduce, in tal modo, una nuova fonte di deformazione del terreno. E così si ha la seconda conseguenza della natura particellare dei terreni: i terreni sono intrinsecamente multifase; i componenti della fase fluida che occupa i pori influiscono sulle caratteristiche delle superfici delle particelle solide e influiscono di conseguenza sul processo di trasmissione degli sforzi attraverso i punti di contatto. Questa interazione tra le fasi viene definita interazione chimica.

EFFETTI DELLA PRESENZA DEI PORI: INTERAZIONE FISICA

Si consideri di nuovo la porzione di terreno di Fig. 1, ma questa volta i pori del terreno siano completamente riempiti d’acqua; in altri termini, il terreno sia saturod’acqua.
Si ipotizzi, dapprima, che nell’acqua interstiziale esista un regime di pressioni idrostatiche: la pressione agente sull’acqua nel generico punto è, pari al prodotto del peso specifico dell’acqua per la profondità del punto misurata a partire dalla superficie libera dell’acqua. In tale situazione non si ha moto dell’acqua nel terreno Fig. 2a.

Si supponga che la pressione nell’acqua alla base del contenitore venga incrementata successivamente mantenendo invariato il livello del pelo libero dell’acqua mediante uno sfioratore Fig. 2b. In questa situazione, si determina un moto di filtrazione dell’acqua verso l’alto. La portata filtrante attraverso il terreno dipende dall’entità dell’incremento di pressione nell’acqua – in eccesso rispetto alla pressione idrostatica – alla base, e da una proprietà del terreno definita permeabilità. Più il terreno è permeabile più alta è la portata filtrante, a parità di incremento di pressione.
Aumentando ulteriormente l’entità dell’incremento di pressione alla base, si raggiunge una condizione per la quale la sabbia diventa mobile a causa degli effetti del moto di filtrazione verso l’alto Fig. 2c. Il fenomeno, noto come sifonamento del terreno, dimostra con evidenza, l’esistenza di interazioni fisiche tra lo scheletro solido e la fase fluida.

In tale stato, il terreno occuperà un volume più grande di quello iniziale, e avrà resistenza a taglio più bassa rispetto a quella disponibile in assenza di moto di filtrazione. Le modifiche osservate hanno avuto luogo senza che il peso della sabbia e dell’acqua abbiano subito variazioni. Poiché le modificazioni di volume e di resistenza a taglio derivano da variazioni delle forze intergranulari si deve concludere che le variazioni delle forze intergranulari debbono essere state indotte dalle variazioni delle pressioni interstiziali. Dunque, l’intensità delle forze intergranulari deve dipendere dalla differenza tra la pressione totale verticale diretta verso il basso e la pressione interstiziale. Le osservazioni precedenti costituiscono il fondamento dell’importantissimo concetto di pressione efficace.
Si ha così la terza implicazione della natura particellare dei terreni: l’acqua può filtrare nei terreni, interagendo con lo scheletro solido e modificando l’intensità delle forze che le particelle mutuamente si trasmettono in corrispondenza dei punti di contatto, determinando variazioni di volume e di resistenza a taglio del terreno.

EFFETTI DELLA PRESENZA DEI PORI: RIPARTIZIONE DEI CARICHI APPLICATI

Essendo i terreni di fondazione mezzi multifase, è da attendersi che i carichi applicati a una massa di terreno, come ad esempio il carico del peso dell’edificio soprastante, vengano sopportati in parte dallo scheletro solido e in parte dalla fase fluida. Il concetto di “ ripartizione del carico” è analogo a quello riguardante le pressioni parziali nei gas. Se il carico applicato a un terreno di fondazione supera la capacità portante del terreno stesso, questo subisce una variazione di volume che si traduce in uno schiacciamento del terreno stesso con conseguente sprofondamento, più o meno visibile dell’edificio e la formazione di crepe nei muri. I lavori di consolidamento fondazioni mediante resine espandenti permette di rispondere in maniera adeguata e di ridistribuire in modo omogeneo il carico tensionale dell’edificio.

La ripartizione del carico applicato tra la fase solida e la fase liquida si verifica anche nel sistema fisico considerato e nei problemi geotecnici reali, sebbene non accade sempre che il carico esterno si trasferisca, all’istante di applicazione, interamente sulla fase liquida. Questo processo graduale di espulsione di acqua dal terreno è definito consolidazione, mentre la sua durata è il ritardo idrodinamico. L’entità della riduzione di volume che si è manifestata al generico tempo tdipende non solo dall’intensità del carico applicato, ma anche dalla parte di carico trasmessa – sempre al tempo t – attraverso i punti di contatto delle particelle: dipende, cioè, dalla differenza tra la tensione totale applicata e la pressione interstiziale. Questa differenza si definisce pressione o tensione efficace.
Dalle osservazioni innanzi esposte si trae dunque la quarta applicazione della natura particellare dei terreni: se il carico applicato a un terreno subisce un brusco incremento, tale incremento si ripartisce tra la fase solida e la fase fluida. Le variazioni di pressione interstiziale inducono moti di infiltrazione nel terreno, con conseguenti modiche nel terreno delle proprietà di quest’ultimo.
L’ultima implicazione è stata scoperta da Karl Terzaghi intorno al 1920. Questa scoperta segna l’avvento della moderna ingegneria geotecnica: essa è da annoverare tra i molti contributi di Terzaghi, che è il “padre della Meccanica dei Terreni”.

Un ulteriore sguardo al processo di consolidamento
Il tempo, t, necessario perché si raggiunga un assegnato stadio del processo di consolidamento dipende da due fattori:

  1. Il tempo t è direttamente proporzionale al volume di acqua che deve essere espulso dal terreno; questo volume, a sua volta, deve essere posto in relazione con il prodotto dell’incremento di tensione, del modulo di compressibilità dello scheletro solido e del volume di terreno.
  2. Il tempo t è inversamente proporzionale alla velocità con la quale l’acqua può filtrare nel terreno. E’ noto dalla Meccanica dei Fluidi che tale velocità dipende dalla permeabilità del terreno e dal gradiente idraulico; quest’ultimo risulta direttamente proporzionale alla perdita di energia (riduzione di pressione interstiziale in eccesso rispetto alla pressione idrostatica) che il fluido subisce lungo il percorso attraverso il terreno diviso per la lunghezza del percorso medesimo.
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